Un’indagine della Procura di Brindisi ha portato alla luce una serie di reati che mettono in pericolo la sicurezza dei voli aerei.
L’inchiesta della Procura di Brindisi ha rivelato un caso di frode e gravi violazioni in materia di sicurezza e ambiente che coinvolge sette persone e due aziende locali, la Processi Speciali e la Manufacturing Process Specification (MPS).
Al centro delle accuse vi è la produzione di componenti aeronautiche non conformi, destinate a velivoli della Boeing. In particolare, si è scoperto che veniva utilizzato titanio puro, invece della più resistente lega di titanio, e leghe di alluminio difformi da quelle previste. Questa frode ha compromesso la qualità e la sicurezza dei materiali impiegati nella costruzione del Boeing 787 Dreamliner, con potenziali rischi per la sicurezza del trasporto aereo.
Indagini preliminari concluse: i componenti dei Boeing 787 non erano a norma di legge
Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, hanno accertato che i componenti realizzati non rispondevano alle specifiche tecniche necessarie per garantire la resistenza e la durata delle parti strutturali dell’aereo. Questo ha portato al sequestro di circa 6.000 parti di aeromobili che presentavano difetti di fabbricazione e non rispettavano le normative in vigore. La Boeing ha avviato una campagna straordinaria di manutenzione per rimediare agli effetti della frode.
Un duro colpo per l’azienda che, proprio recentemente, ha annunciato la fabbricazione di un nuovo modello di aereo, il Boeing 777X, che sarà l’aereo bimotore più grande del mondo. Qui una piccola anticipazione.
Le accuse rivolte agli indagati includono reati di associazione per delinquere, frode in commercio e attentato alla sicurezza dei trasporti. I responsabili delle due aziende avrebbero deliberatamente risparmiato sull’acquisto di materie prime adeguate, compromettendo così la sicurezza dei velivoli. Tra gli indagati figurano Vincenzo Ingrosso, considerato il principale organizzatore della frode, insieme ai suoi figli e altri collaboratori.
Un secondo filone dell’inchiesta riguarda reati ambientali. Le aziende indagate sono state anche accusate di uno smaltimento illegale di rifiuti considerati tossici, provenienti dalla lavorazione dei metalli. I rifiuti sarebbero stati messi in alcuni terreni della zona industriale di Brindisi.
Le sostanze inquinanti, tra cui cromo e piombo, sono state rilevate nel terreno e nelle acque sotterranee, contaminando anche la vegetazione circostante. Questo ulteriore reato ha portato al sequestro di numerose cisterne contenenti rifiuti pericolosi e alla scoperta di ulteriori sversamenti illegali.
Le indagini, condotte in collaborazione con la Polizia di Stato e con il supporto della Guardia di Finanza, hanno consentito di individuare i responsabili di questi gravi reati, che ora dovranno rispondere delle loro azioni davanti alla giustizia.